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Channel: Appunti dalla crisi italiana
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Tsipras, Renzi e la sinistra italiana

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Le elezioni greche stanno avendo un interessante effetto di ricomposizione sulla sinistra italiana.

L’attore principale (o meglio il gruppo, ampio, di attori) che alla situazione greca si richiama, è un gruppo di politici alla sinistra del governo e del PD (anche se collocato un po’ dentro e un po’ fuori di esso), che si considera l’equivalente italiano di Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras che ha vinto le elezioni greche. Tale gruppo comprende giovani ex-emergenti del PD oggi in netta rottura con esso (da Civati a Fassina), vecchi compagni che hanno appena abbandonato il partito (come Cofferati), il leader di Sel Vendola, e altri che si sono autonominati Brigata Kalimera (manca giusto un subcomandante) e sono andati ad incontrare Tsipras nei giorni scorsi. Tra gli entusiasti ci sono anche gli eterni sconfitti della sinistra radicale (da Ingroia a Ferrero), e ovviamente gli esponenti della Lista Tsipras alla europee, come Barbara Spinelli (e immaginiamo, Curzio Maltese, che ne gode anch’egli i benefici di eletto che avrebbe dovuto dimettersi e non l’ha fatto), mentre in posizione più defilata c’è Cuperlo ed altri, e fuori del mondo partitico c’è un mondo abbastanza ampio di scontenti dell’azione di governo, che comprende il mondo sindacale che si riconosce in Landini e vari movimenti di alternativa più o meno radicale.

Il richiamo al brand di Syriza, oggi vincente, è una tentazione evidentemente molto forte: ma per molti versi la sua versione italiana appare assai meno credibile. Perché lo ‘human factor’ (la convention delle sinistre voluta da Vendola come premessa per arrivare a un nuovo partito o almeno a un nuovo raggruppamento elettorale) assomiglia assai poco a Syriza, e soprattutto – al di là della diversa situazione di Italia e Grecia – manca uno Tsipras in grado di guidare questa ipotetica nuova formazione. Il rischio è quindi di assomigliare più al sequel di precedenti fallimenti, dalla Sinistra Arcobaleno a Rivoluzione Civile di Ingroia (qualcuno se ne ricorda?), fino ai disastri proprio della Lista Tsipras alle europee: nata con alcune figure giornalistiche di spicco che avrebbero dovuto cedere il posto agli eletti politici, e finita con i suddetti giornalisti che si sono tenuti il posto mandando in malora il progetto. Con qualche punto percentuale in più dei precedenti fallimentari progetti (meno è difficile): e altrettanta – cioè scarsa – probabilità di incidere sui destini del paese. Al punto che oggi è un nume tutelare di questa variegata coalizione, come Stefano Rodotà, a lanciare gli strali più feroci contro questo tentativo.

Tra le differenze tra le due situazioni non c’è solo che in Italia non c’è uno Tsipras, ma anche che in Grecia non c’è un Renzi. Ci fosse stato, probabilmente Tsipras avrebbe avuto praterie di voti meno estese a sua disposizione (così come, se ci fosse uno Tsipras in Italia, forse Renzi avrebbe più difficoltà nel raccogliere consenso). Ma se i rispettivi alter ego non ci sono, forse è anche perché, nella differente situazione e anche nelle differenti proposte politiche, ci sono più somiglianze di quanto alcuni – in particolare nella sinistra anti-renziana che oggi vorrebbe monopolizzare in Italia il brand di Syriza – oggi sospettino: e, per certi versi, i due occupano almeno in parte il medesimo spazio politico, o quanto meno intercettano il medesimo desiderio di cambiamento. Non è un caso che Tsipras abbia dichiarato che, come Renzi, vorrebbe “cambiare verso all’Europa”; e che Renzi sia stato il primo capo di governo a telefonargli e a congratularsi con lui. Mentre già da giorni i rispettivi staff sono in contatto per organizzare un incontro bilaterale.

Con Tsipras premier è probabile che l’asse mediterraneo dell’Europa si rafforzi, nel reciproco interesse: cominciando a bilanciare un poco l’asse germanico-scandinavo finora vincente nel determinare le posizioni economiche e le politiche finanziarie dell’Unione Europea. Un’alleanza che potrebbe scompaginare anche le vecchie geometrie ideologiche e le vecchie idiosincrasie della sinistra: persino di quella italiana.

 


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